Ossi di Seppia: un inedito Ivan Scelsa, Premio Speciale della Giuria con la poesia “L’aratro d’inverno”

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La 29° edizione del prestigioso Premio Nazionale di poesia inedita Ossi di Seppia ha raggiunto quest’anno la partecipazione di ben 2122 autori, di cui 219 provenienti dall’estero.

All’importante kermesse promossa dal Comune ligure di Taggia, un inedito Ivan Scelsa, giornalista e scrittore tarantino di testi automobilistici, ottiene il Premio Speciale della Giuria con una sua composizione dedicata proprio alla pianura bergamasca e alle sue tradizioni.

“E’ un riconoscimento del tutto inaspettato. Non sono un poeta, più semplicemente attratto dalla materia, dall’operosità dell’uomo lavoratore, dalla sua capacità di costruire e innovare. Mi attraggono le piccole cose, quelle della quotidianità contadina, quelle che osservandole riescono anche a trasmettere emozioni. A dicembre scorso, transitando lungo una strada di campagna nelle prime ore del giorno, il mio sguardo si è soffermato su un aratro avvolto, solitario e freddo, dalla nebbia che pervadeva quel campo. Naturali le prime strofe, sussurrate mentre, da solo, guidavo in direzione del capoluogo Milano.”

Ivan Scelsa ha già all’attivo diverse pubblicazioni di libri e racconti selezionati ed inseriti in tantissime raccolte narrative per cui è stato anche curatore. La sua voce è quella di un uomo del sud comunque innamorato della terra in cui vive da oltre un ventennio: la pianura bergamasca. A lei, agli uomini che in passato l’hanno resa grande nelle corse automobilistiche, aveva infatti già dedicato un libro scritto a quattro mani con il giornalista Fabio Conti nel 2014.

Questo Premio è l’ennesimo riconoscimento per la sua incessante attività letteraria e culturale, promossa anche attraverso le associazioni che presiede e con cui promuove tantissime iniziative, a Treviglio e su tutto il territorio nazionale. La premiazione avrà luogo nella splendida cornice di Villa Boselli di Arma di Taggia il prossimo 18 febbraio.

 

 

L’aratro d’inverno

Aratro,

ferree membra scolpite da umana mano,

poderosi arti di calda fusione.

Fisso,

nel gelido e addormentato campo,

sospeso tra la nebbia d’inverno e

il crocidar del corvo.

All’alba giaci lì,

in triste solitudine,

rimirando il ciel velato di plumbea densità.

Già i buoi avean lasciato il duro lavoro

per un più caldo giaciglio,

ad aspettar quel tiepido sole,

a scaldar le membra e l’animo del fattore.

Lì, nella tua pianura

dove il velo ghiacciato irrigidisce la terra,

resti in attesa

o solitario mastro d’operosità.

Immobile.